Analisi dell'opera
Nella maggior parte delle mie opere ci si imbatte tendenzialmente in figure e corpi, sia maschili che femminili, tratti da ispirazioni legate a motivo mitologico, psicologico, erotico o estetico. Il soggetto predominante è tuttavia il nudo femminile rappresentato nella sua spontaneità al di là dei canoni imposti dai media. Cercando quindi di analizzare il perché di questo leitmotiv e di pari passo con il mio sviluppo psicologico/culturale sono giunto alla comprensione che ciò che rifletto sulla tela è la compensazione di un archetipo sulla mia dimensione psichica. Questa analisi si basa soprattutto sullo studio dell'opera di Carl Jung: Il libro rosso. L'archetipo dell'Anima che mi ha sempre dominato ha sempre spezzato in due la mia vita psichica. Da una parte sono stato sempre dominato da un imago coercitiva di saggezza che mi ha portato ad essere una persona scrupolosa e timorosa con enormi difficoltà di adattamento alla realtà, a sfavore perciò del vivere e delle esperienze (v. Vanitas); più questo aspetto prendeva predominio, (legato quindi a letture di filosofia orientale e distaccamento dal mondo) più cresceva per compensazione inconscia la figura della Salomè. Come Jung spiega nei saggi sull'archetipo dell'anima, questo archetipo vive di una bipolarità. L'Anima, in quanto archetipo, può essere saggia e scrupolosa e allo stesso tempo erotica e ardita. Il problema della mia situazione psichica è che ha sempre predominato l'aspetto della vita scrupolosa con il risultato che oltre ad una nevrosi di base dovuta, secondo un’analisi freudiana, ad eventi traumatici del passato, si è creata una struttura di difesa che ha condotto all'isolamento. Tale isolamento e ricerca è, secondo Jung, sempre un percorso governato dalla nevrosi che ha come fine l'enantiodramia: appunto Salomè. Quel che perciò io rifletto sulla tela è la parte che io ho sempre soffocato ma di cui in realtà sono profondamente innamorato: la vita vissuta completamente. Questo aspetto mi ha portato alla lettura frenetica dei romanzi delle eroine dell'800, e in modo particolare alla figura di Gabriele d'Annunzio, che al contrario di me ha vissuto una vita completamente sull'altra sponda dell'archetipo.La figura femminile che io trasporto sulla tela è quindi la Salomè di cui Jung parla nel Libro rosso, l'aspetto erotico che distrugge gli schemi della parte saggia e scrupolosa, che conduce a mettersi in dubbio, e come per le eroine ad abbandonarsi alle pulsioni. Il nudo femminile è quindi la rappresentazione dell'ondina, della sirena o della sacerdotessa delfica (v. Cassandra)
Tant'è che se da una parte ho condotto una vita limitata nel rischio, nell'avventura, e nell'ambizione sociale, dall'altra parte sono sempre stato dominato da un imago materna che voleva dare alla luce me stesso: l'Idea, in quanto simbolo della realizzazione di un sogno, sirena che domina la mia vita, a sfavore di avventure umane, per conseguire il sogno, per condurmi a uno scopo superiore. In ciò l'idea che mi domina mi rende madre di me stesso, folle per quanto riguarda la vita in società ed eroico perciò che riguarda la realizzazione di un sogno. (v. La coppa di Hera).
In quest'ottica la nevrosi è responsabile nell'aver ostacolato la mia vita con paure e fobie, e dall'altra strumento necessario al destarsi di un archetipo che spezzando la mia vita psichica mi ha condotto ad un percorso che vede quale fine ultimo la Sigizia, la congiunzione degli opposti: la parte tendente alla riflessione e allo scrupolo, con la parte più erotica, sensuale e viva, il cui conseguimento finale è la realizzazione, riconoscimento da parte della società ma allo stesso tempo oltre la consueta normalità sociale. Ciò che si riflette quindi nell’opera è un’oscillazione continua di ciò che accade dentro di me; oscillazione tra due forze che permette una maggiore espansione del campo di coscienza di sé, laddove forze inconsce dominanti diventano strumento di espressione artistica, simbolo e trasformazione.
Fabiano Rastelli




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